COMUNICATO DEL 2 LUGLIO 2025
(Alleghiamo qui sotto il link che rimanda alla risposta dell’amministrazione pubblica al primo comunicato: https://www.comune.bologna.it/novita/comunicati-stampa/giardino-san-leonardo-precisazione-dellamministrazione-comunale , la quale è stata accompagnata da una nuova relazione tecnica, che allegheremo sotto e che di fatto ha sostituito quella precedente.
Abbiamo letto con attenzione la “precisazione” dell’Amministrazione Comunale sul progetto di “riqualificazione” del giardino.
Innanzitutto, ci teniamo a precisare che se abbiamo “millantato” l’apertura di un ristorante kosher — come qualcuno ci ha contestato — è solo perché questa informazione era contenuta nell’unico documento reso pubblico fino all’altro giorno, poi prontamente rimosso dal sito Iperbole proprio in concomitanza alle prime reazioni della comunità, anche sui social. Facciamo chiarezza sui progetti relativi al Giardino nei patti di collaborazione con JHU, che dall’inizio di questa vicenda sembrano macchiati appositamente di fango per restare oscuri allx cittadinx: nessuna famiglia verrà “ricollocata” altrove, e ci mobilitiremo affinchè questo impegno resti tale. Per quella e per tutte le famiglie.
Ci chiediamo però perché non siano disponibili informazioni chiare su questo Patto di collaborazione: in alcuni comunicati del Comune il progetto sembra già approvato, secondo l’ultima precisazione il progetto è attualmente “sottoposto all’iter di valutazione degli uffici, che lo stanno vagliando sotto tutti i suoi aspetti, dal verde agli arredi, all’accessibilità.” Qual è la verità?
La “precisazione” tenta di rassicurarci, ma non ci convince. Anzi, conferma ciò che sosteniamo dall’inizio: questo progetto, anche se non parla di una “privatizzazione” in termini legali, realizza una privatizzazione de facto. Dal momento in cui nel giardino si apre un bar, l’uso libero viene condizionato, subentrano logiche di consumo e la natura stessa dello spazio cambia. Questo apre la strada a un processo di gentrificazione, come già accade altrove in città: in nome di una presunta “riqualificazione” si tenta di far passare per dono collettivo la creazione di spazi esclusivi, dove contano il reddito e la possibilità di spendere.
Di fatto, questo progetto punta a cambiare il target di chi può vivere il giardino, ma noi non abbiamo nessuna intenzione di farci spostare altrove. Questo spazio è di tuttx e resterà di tuttx.
Provano a rassicurarci promettendo le famose “piantumazioni compensative”, sì, ma che ne sarà delle grandi sofore, di pioppi neri, cedri dell’Himalaya, aceri argentei e farnie che popolano il giardino da quasi 30 anni o più? Dopo questi giorni di ricerche costanti di informazioni, in questa prima fase di mobilitazione, continuiamo a trovare informazioni parziali e ambigue. Vogliamo sapere chiaramente quali saranno le sorti del verde del giardino.
Per noi il coinvolgimento di un ente privato statunitense insieme alla Fondazione per le Scienze Religiose (FSCIRE) [che pare concederà appositamente degli spazi per farne l’accesso della JHU che darà direttamente sul Giardino] resta una grave intromissione, che forse nasconde mire ben diverse da tenere sott’occhio sulla lunga distanza.
La privatizzazione strisciante
Il Comune dice che “nessuna parte del giardino sarà privatizzata”. Ma quando si cede una parte di spazio pubblico a un privato, con chiosco, tavolini, plateatici, pavimentazioni dedicate e gestione commerciale, anche se non c’è un atto formale di vendita, si introduce una logica di profitto dentro un luogo che dovrebbe restare di tuttx: uno spazio di socialità spontanea diventa uno spazio di consumo.
Anche se la Johns Hopkins è formalmente un ente non profit, ciò non toglie che agisca di fatto come un soggetto privato con interessi propri, condizionando e controllando lo spazio pubblico e legandolo a logiche di consumo e profitto.
La manutenzione è un diritto, non una scusa per cedere spazi
L’Assessore ammette che il giardino ha bisogno di manutenzione. Noi lo sappiamo bene: lo viviamo ogni giorno. Ma se la manutenzione è necessaria, perché non viene fatta dal Comune? Sorge il dubbio che abbiano lasciato andare il giardino nell’incuria di proposito, per giustificare oggi un progetto calato dall’alto. La cura non deve passare da una concessione commerciale: la cura è responsabilità di chi amministra il bene pubblico.
Cercano di rovesciare la narrazione: non è una concessione, è un abbandono strumentale.
Pretendiamo più risorse per gli spazi che viviamo.
Quello che sta succedendo mostra chiaramente il vero problema: la gestione delle risorse e dei fondi pubblici.
Se anche l’Amministrazione riconosce la necessità di manutenzione e cura per il Giardino San Leonardo, noi rifiutiamo che ciò si traduca in una “riqualificazione” calata dall’alto dalla Johns Hopkins e pretendiamo che i soldi vengano trovati dal Comune di Bologna.
Ci chiediamo allora: se davvero parchi e beni comuni sono una priorità, perché l’Amministrazione sceglie di non investirci fondi pubblici, preferendo invece cederli pezzo a pezzo a soggetti privati?
Noi diciamo chiaro: vogliamo più risorse per gli spazi che attraversiamo, viviamo e curiamo ogni giorno.
A questo punto resta da chiedersi: perché gli elaborati del progetto, che il Comune millanta di rendere il più possibile accessibili attraverso la piattaforma Comune di Bologna Partecipa, non sono arrivati a noi correttamente, attraverso l’amministrazione e su sua spinta, bensì stavano nascosti nei bassifondi di un sito intriso di burocrazia e complicanze? Perché non c’è stato un tavolo di lavoro che puntasse alla compartecipazione di tutta la comunità? Pretendiamo un tavolo vero, aperto e trasparente, non parole vuote e strategie da campagna elettorale, non giochi di partito di qualsiasi sorta, così che chi usa questo spazio ogni giorno possa decidere sul suo futuro.
Non c’è stata nessuna presentazione pubblica, nessun momento di confronto reale con chi il giardino lo vive ogni giorno.
Vogliamo essere coinvoltə, vogliamo essere il motore della trasformazione di uno spazio che è nostro.
Pretendiamo di essere protagonistx di questo processo, perché gli spazi pubblici esistono grazie a chi li vive ogni giorno: vogliamo una partecipazione reale che risponda ai nostri bisogni — tutto il resto è solo fumo negli occhi.
Johns Hopkins: aprirsi alla città?
La presidente del Quartiere S. Stefano sistiene che il bar della Johns Hopkins sarebbe un modo per “aprire e integrare” l’università alla città, rendendo gli spazi “più porosi e permeabili”.
Ma è davvero questa l’apertura di cui abbiamo bisogno?
Per noi, la vera apertura alla città non si fa sottraendo spazi comuni, ma rafforzando luoghi liberi, accessibili, autogestiti dalla comunità.
L’integrazione di un’università dovrebbe passare per azioni realmente condivise: laboratori aperti, eventi, attività gratuite, co-gestione di spazi, non per la concessione di suolo pubblico a logiche di consumo.
Dicono di voler restituire qualcosa alla comunità: allora perché la comunità non può decidere?
Dicono di voler aprire spazi: allora perché li chiudono dietro tavolini e plateatici?
Dicono di voler più verde: allora perché abbattono alberi protetti?
Dicono di avere a cuore la manutenzione del parco: allora perché non stanziano risorse pubbliche?
Le nostre richieste
– Ritiro immediato del progetto attuale;
– Manutenzione pubblica ordinaria e straordinaria, fatta dal Comune, come suo dovere;
– Apertura di un tavolo partecipato vero, con cittadini, comitati, associazioni e chi vive il giardino ogni giorno;
– Tutela del giardino come bene comune, senza concessioni di parti in uso esclusivo a privati;
– Potenziamento della dimensione comunitaria, non di quella commerciale.
Non abbiamo bisogno di un bar per vivere il giardino: abbiamo bisogno di più verde, più ombra, più relazioni libere. Continueremo a comunicare qui tutto ciò che a fatica sapremo dall’amministrazione su questa storia.
Rilanciamo però la nostra contrarietà a un Giardino rinnovato senza tener affatto conto delle necessità di chi già lo abita, cementificato e mercificato con interventi a carico di un ente privato con chiari interessi sul territorio.
La città è di chi la vive!
Comitato contro la privatizzazione mascherata da rigenerazione urbana del Giardino di San Leonardo, 2 luglio 2025.